Da generazioni le strade di Cuenca, in Ecuador, si riempiono del profumo della cucina tradizionale di montagna. Ma mentre le pressioni economiche aumentano e le generazioni più giovani emigrano, il futuro di questo patrimonio culinario è in bilico. Il cuore di questa scena gastronomica risiede nelle abuelas (nonne) che continuano a preparare ricette tramandate nei secoli, anche se il loro tempo non è infinito.
L’eredità del mais e dei vasi di terracotta
Julia Estela, una cuoca di strada locale, incarna questa tradizione. In piedi sopra il suo tiesto – una pentola di terracotta usata fin dai tempi pre-Inca – gira abilmente le tortillas di mais, una ricetta appresa da sua nonna. Il processo è profondamente radicato nella storia dell’Ecuador: dalla semina manuale del mais alla macinazione dei chicchi su mulini a pietra. Questo cibo non è solo sostentamento; è un collegamento con un passato in cui le famiglie facevano affidamento sulla propria terra e sulle tradizioni per sopravvivere.
Lo street food di Cuenca è un caratteristico profilo aromatico andino, ora riconosciuto dall’elenco delle città creative dell’UNESCO. A differenza dei tacos o dei churros che dominano lo street food latinoamericano nella percezione globale, la cucina di montagna dell’Ecuador è incentrata su piatti a base di mais come humitas e mote. Quest’ultimo, un lato base del mais bianco cotto, è così radicato nella cultura di Cuenca che la gente del posto scherza dicendo che qualcuno è “più Cuencano che granello” se veramente appartiene.
La realtà economica
La longevità di questa tradizione deve affrontare una dura sfida: l’economia. Estela spiega che l’aumento dei costi degli ingredienti e delle attrezzature sta rendendo più difficile mantenere in vita queste ricette. “Vasi, foglie, mais, perfino i cucchiaini… prima le cose non erano così costose.” A ciò si aggiunge la storia di instabilità economica dell’Ecuador. La crisi finanziaria del 1999 ha innescato una migrazione di massa, con circa 500.000 ecuadoriani in partenza per gli Stati Uniti e la Spagna. Oggi più di 1,2 milioni di ecuadoriani vivono all’estero e l’esodo continua.
Questa migrazione non è solo una questione di soldi; si tratta di opportunità. Con la divisione delle famiglie oltre confine, la trasmissione di queste tradizioni culinarie si indebolisce. Anche chi resta deve affrontare la pressione di inseguire le tendenze. Cristian Encalada, guida turistica dello street food, osserva che i giovani sono meno interessati a padroneggiare queste tecniche che richiedono molto tempo.
L’ascesa della preservazione
Tuttavia, non tutto è perduto. Una nuova generazione di ristoratori, come Manolo Morocho e Vero Herrera, stanno lavorando attivamente per preservare il patrimonio culinario dell’Ecuador. I loro ristoranti, LaMaria e Los Priostes, fondono i sapori tradizionali con la creatività moderna. Servono piatti come empanadas e humitas di porcellini d’India insieme a cocktail infusi con ingredienti locali, con l’obiettivo di ricordare agli ecuadoriani il valore della loro cucina.
Morocho osserva che per anni gli chef ecuadoriani si sono concentrati su stili stranieri – italiano, francese, americano – mentre piatti come encebollado e caldo de patas sono stati dimenticati. Ora c’è un crescente apprezzamento per ciò che rende unico l’Ecuador. “Non importa quanto sia lussuoso qualcosa, la parte ecuadoriana vince.”
La sopravvivenza di queste tradizioni non riguarda solo gli chef o i turisti; si tratta di una memoria culturale collettiva. Lo street food di Cuenca non riguarda solo il cibo in sé, ma anche le nonne che mantengono vivi i sapori, i fabbri i cui fuochi riecheggiano una storia artigianale e la gente del posto che parla ancora con l’accento cantilenante della città.
La domanda rimane: le giovani generazioni dell’Ecuador sceglieranno di onorare queste tradizioni, o svaniranno con la morte degli abuelas? Il futuro di questo patrimonio culinario dipende dalla decisione collettiva di valorizzare ciò che rende l’Ecuador unicamente ecuadoriano.
